Il ritorno dei Delta V
Cosa c’entra il DJ?
Oggi è il 15 aprile ed è un bel giorno, perché esce il nuovo singolo dei Delta V. Si intitola “Nazisti dell’Illinois”, che è anche il nome del tour promozionale che partirà nelle prossime settimane. Probabilmente molti tra coloro che stanno leggendo sanno a cosa si riferisca il titolo, visto che è ispirato a una scena di un film molto più che famoso, ma forse scavando un po’ si trova dell’altro. Non ho intenzione di scriverne in dettaglio, perché altri lo faranno meglio di me: come sapete, però, mi piacciono le storie, e ho riflettuto sul fatto che il percorso che ha condotto a questa pubblicazione è stato lungo. Degno di una narrazione, mi pare. Quindi, lasciatemi tornare a inizio 2020, non prima di avere riportato le date dei prossimi concerti.

2020, poco prima del disastro
La storia, per me, inizia il 29 gennaio 2020. Nessuno ancora lo immagina, ma mancano pochi giorni al lockdown. Fuori da Germi, a Milano, incontro Carlo e Marti, precettati da Flavio Ferri, con il quale sono in contatto da un po’. Flavio è a Barcellona, e ha spedito i suoi sodali a conoscermi ipotizzando che potrei dargli una mano nel nuovo progetto. Sì, perché i Delta V stanno pianificando di dare seguito a “Heimat”, album eccezionale pubblicato un anno prima, ma rimasto purtroppo nell’ombra per via delle solite dinamiche del mercato.
L’idea mi attira molto, perché i Delta V sono un gruppo particolare, forse unico. Sono pop, di certo, e non privi di una vena commerciale. Allo stesso tempo, sono accessibili su livelli ben più profondi. Pop non è sinonimo di banale, e commerciale non significa in svendita: anzi, il pop, al suo massimo splendore, può essere eccezionale.

Ultima foto per un po’
La foto ci ritrae dopo un concerto di Giulio Casale, in compagnia di altri musicisti ben noti. Quella sera ci lasciamo restando d’accordo di sentirci presto per capire cosa fare: l’idea è di narrare la genesi del nuovo album, ma il come è tutto da immaginare. Inoltre, anche se da qualche giorno circolano voci insistenti su un’epidemia esplosa in Cina, non possiamo prevedere che a breve il mondo si richiuderà su se stesso per mesi. Un’ombra cupa sta per inghiottire progetti, piani, speranze e movimenti, senza contare i rapporti umani, ma nessuno lo può sospettare.
Dall’8 marzo, siamo tutti reclusi e spaventati. Nell’incertezza dominante, i ritmi si allentano. L’1 maggio, i Delta V appaiono nel concerto – naturalmente virtuale – di Rovereto dopo una mia mail a Carlo di un paio di giorni prima. Lo fanno con una performance a distanza di “Disturbano”, un brano cardine di “Heimat”. In testa, un video in cui Marti augura “buon primo maggio” alla mia città, da dietro le sbarre di una finestra che non sono affatto simboliche.

Poi, a settembre
Il risultato fu che per un po’ del nuovo album non si parlò più, ma questo non significava che l’idea fosse svanita. Il segnale successivo arrivò la sera del 9 settembre 2020, con il mondo da poco timidamente riaperto e sul punto di richiudersi. Per qualche giorno rimasi all’Angelo Studio di Garlasco insieme a Flavio, e Carlo e Marti vennero da Milano per salutarci e fare due chiacchiere.
Il ricordo più nitido di quella sera: io e Marti che camminiamo per un paio di chilometri per raggiungere la pizzeria dove, saggiamente, Carlo e Flavio si erano recati in auto. Lungo la strada, due ragazzini ci squadrarono e ridacchiarono complici: “Questi sono milanesi!” Erano nel giusto solo a metà: vivo nella provincia estrema dell’impero, le latitudini che ho avuto in sorte sono asburgiche. Marti no, è milanese davvero. Ci mettemmo a ridere.

“Cosa mettiamo qui in mezzo?”
Per rientrare, approfittammo dell’auto, forse per non farci etichettare di nuovo. Lungo il tragitto Carlo disse: “Vi faccio sentire una cosa…” Fece partire un brano e nel giro di due secondi il classico sound dei Delta V invase l’abitacolo. Era una bellissima canzone, toccante come spesso accade con i loro brani. Lo dissi apertamente, alla fine, osservando che mancava qualcosa nella sezione centrale. La risposta di Carlo fu che sì, stava ancora pensando a cosa metterci. Mi uscì dalla bocca un’idea che fece sì che Flavio e Carlo si guardassero negli occhi, in silenzio.
Non racconterò oltre, anche perché quello che accadde poi meriterà un post specifico quando uscirà l’album. Le mie labbra rimangono sigillate, per ora. Fu però una di quelle cose impossibili sulla carta, e avvenne con rapidità sorprendente. A tempo debito saprete.
Avanti veloce a pochi mesi dopo. Era il tardo pomeriggio, e stavo guidando nel vuoto di una delle valli che da Bergamo conducono ai monti. Suonò il telefono: era Carlo, che ha la caratteristica di chiamare sempre quando meno te lo aspetti. Mi colse di sorpresa: “Ti ho appena inviato alcuni provini dei nuovi brani, mi dici che ne pensi?” Aprii la mail: c’era un link a WeTransfer. Non parcheggiai a lato strada per scaricarli subito, ma la tentazione fu forte. Arrivato a destinazione, la prima cosa che feci fu proprio ascoltare quell’inaspettato regalo.
Quelle canzoni sono ancora sul mio computer, gelosamente custodite nel mio archivio delle reliquie. Un giorno, quando sarò nel vento, qualcuno aprirà i miei hard disk e troverà alcune cose sorprendenti: tra esse, anche le prime versioni di alcuni brani candidati al nuovo album dei Delta V.
Avanti piano
Il tempo è però il peggiore dei tiranni e a volte si dilata a dismisura. Pur restando sempre in contatto con il gruppo, negli anni successivi non percepii movimenti particolarmente evidenti. Soprattutto, non ci furono movimenti rapidi. Quando sentivo Carlo o Flavio, non perdevo l’occasione per chiedere: “E l’album…?”, ma serviva ancora tempo.
Il 31 dicembre 2024, in occasione di una videochiamata di auguri per il nuovo anno, Carlo mi parlò di un singolo previsto per il mese di aprile. Ohibò, allora finalmente qualcosa si stava muovendo. Quel giorno, come già ho scritto, fu funestato subito dopo da uno degli eventi più luttuosi che mi potessero cadere addosso, ma è un’altra storia (o forse no). Però il dado era tratto, in qualche modo.
“Allora andiamo”
C’è una strana congiura che non riesco a spiegare razionalmente: pur essendo in contatto più o meno costante con i Delta V, per qualche motivo non riusciamo a incontrarci. Se devo recarmi a Milano e ho un paio di ore libere, propongo sempre a Carlo un caffè, ma in qualche modo gli impegni ci remano contro. A volte non ci sovrapponiamo per pochi minuti. Idem con Flavio, quando viene in Italia.
Ci siamo però riusciti il 4 marzo di quest’anno. Flavio mi aveva chiamato pochi giorni prima, chiedendomi se fossi disponibile a scattare le foto promozionali per il nuovo lavoro. Avrei potuto dire di no? Mi disse in quale periodo sarebbe stato in Italia, e decidemmo che il 19 marzo sarebbe stato un buon giorno. Esattamente quindici giorni prima, però, scesi a Milano per altri motivi, e proposi a Carlo di vederci. Incredibilmente, ci riuscimmo. Fu pittoresco, perché lo attesi in un bar di Corso Genova dove nessuno aveva evidentemente intenzione di servirmi. Arrivò, e il piano era quello di visitare alcuni luoghi potenzialmente adatti a diventare il nostro set fotografico.
Il punto è che Carlo giunse in moto, e quello sarebbe stato il nostro mezzo di locomozione. Osservai che non salivo su una moto come passeggero da quando avevo quindici anni e mio zio mi portava in giro, a volte, ma era un problema secondario. Per le due ore successive, in parecchi ci hanno visti solcare una discreta parte della metropoli: sul retro, un tizio con i capelli svolazzanti da sotto il casco aggrappato al centauro che conduce la moto. Ho rischiato di finire sull’asfalto a ogni rotonda (per imperizia mia, non per colpa del pilota), e per tutto il tempo ho pensato alla copertina di un album a me molto caro: “E allora… concerto” di Enzo Jannacci. La inserisco qui sotto, credo che parli da sola. L’unica vera differenza è che il 4 marzo faceva un freddo caprone. Il brano di riferimento, per chi conosce il repertorio di Jannacci, è “Allora andiamo”.

In giro per Milano
Così esplorammo un po’ di location. Di quelle che visitammo ne vennero poi scelte due, una si aggiunse successivamente. La sessione del 19 marzo ebbe qualche risvolto comico, visto che arrivammo a farci dire che in un certo luogo non potevamo fotografare: poco male, lo facemmo ugualmente. Ci sono diversi modi per scattare quasi di nascosto, e soprattutto si riesce quando i guardiani sono distratti. In ogni caso, portammo a casa un bel po’ di fotografie.
Mi accompagnava in qualità di assistente Elena Munaretti, mia stagista e laureanda: una garanzia soprattutto a causa di una visione assai originale che le fece dire diverse volte: “Quell’angolo mi sembra interessante…” e sempre lo era.
Le foto? Ne avete già viste diverse sulle testate web e sulla stampa, e sulle pagine social dei Delta V. Altre si vedranno. Sceglierne alcune sarebbe davvero difficile. Come un mio amico sostiene, a ragione, la foto è una sola, e nel mio caso è la più improbabile.

L’ho scattata camminando e racconta una storia. Io sto nelle retrovie, come sempre. In mezzo ci sono Flavio ed Elena, davanti Marti e Carlo. L’ho scattata con un pensiero: ridendo e scherzando, erano trascorsi quattro anni e mezzo dall’ultima volta che ci eravamo visti tutti insieme, io e i Delta V. Anni in cui è successo di tutto, il contrario di tutto, tutto il contrario di ogni contrario e anche oltre. Oltre-tutto, direi. E ancora qualcosa mi trattiene per la maglia, sembra, non mi vuole lasciare andare. Oppure è solo uno specchio deformante? Non lo so, e in fondo non mi importa.
Però eccomi lì, molto più giovane di quanto non fossi l’ultima volta che ci siamo visti, a fine 2020. Forse perché leggo le classifiche, brucio le classifiche, non mi accontento mai: al limite, sparo al DJ. E no, questo non è un delirio di fine articolo: provate ad ascoltare, una volta, cliccate qui. Ascoltate bene, però: “Ci sono cose che non si possono dire”, cantano loro. In realtà credo che si possa, ma solo in canzone.
Fidatevi, perché alla fine vi hanno sempre amato (mi ci metto in mezzo anch’io, per sovrannumero). Non come i nazisti dell’Illinois. I nazisti. Dell’Illinois.
[Questa storia continua.]